Tiziana Gervasi affianca Sarah Bracci – 3° reparto Bollate
Il primo giorno ero molto emozionata poi quando ho incontrato Sarah e siamo entrate in Istituto mi sono tranquillizzata. Mentre attraversavo i corridoi ampi luminosi e pieni di colori di tinte pastello sulle pareti, mi ha colpito il colore dei blindi di un verde chiaro e gli agenti molto gentili.
Le persone detenute del gruppo mi hanno accolto, mi sono sentita subito a mio agio con Sarah che conduceva e, nonostante si parlasse della rabbia, riusciva a farlo con allegria, positività e coinvolgimento.
I ragazzi detenuti erano attenti, parlavano delle loro emozioni e delle loro difficoltà, Mi porterò quei momenti in cui i loro occhi sorridevano colmi di gratitudine.
Tiziana
Linda Pina affianca Laura Loparco – 3° reparto Bollate
Laura mi accoglie, si entra. Dopo la consegna del documento alla sbarra, solo la scansione del badge. Si procede fluidamente verso l’aula. C’è cura negli ambienti che si attraversano. È luogo di detenzione eppure cerca di essere accogliente, stupore per ciò che dovrebbe essere la norma. Aula Giotto, prepariamo un cerchio di sedie. Arrivano i partecipanti, si presentano entrando. Strette di mano. Seduti in cerchio, il suono dei cimbali è la porta che apre l’incontro. Spazio calmo, mi sembra trascorso solo qualche minuto: un quarto d’ora vola. Suoni dal corridoio alimentano la distrazione, movimenti…è tempo di parola. Bilancio emotivo della settimana trascorsa: felicità, ansia, sorpresa, tristezza, delusione e rabbia. Le emozioni rimbalzano da uno all’altro, in reciproco ascolto. Quali strategie adottiamo per affrontarle? Soprattutto la fuga. Un altro momento di meditazione e l’ansia di qualcuno diminuisce, 30% dice! Ascolto e sento, vedo persone che, guidate dall’accoglienza di Laura, si esplorano, rispettano il gruppo, fanno proposte…strada ne hanno già percorsa. È il quinto incontro per loro in questo gruppo e mostrano l’impronta dei precedenti. Esprimono gratitudine per l’occasione che viene data loro, proprio come me, che con loro e voi mi metto in questo cammino nell’attesa di conoscere la quotazione dell’ansia al prossimo incontro, se la lettera di risposte sarà stata scritta e se ci sarà la possibilità di praticare all’aria, a lasciarsi distrarre da altri suoni.
Linda
Sabrina Ghiberti e Leo Carlo Riva affiancano Sabrina Negretti – 4° e 7° reparto Bollate
Ed eccoci qui. La presenza sicura e sorridente di Sabrina aiuta a digerire l’ansia dei corridoi, delle porte e delle sbarre da superare, lo sguardo interrogativo degli agenti, soprattutto l’imbarazzo e l’impotenza che ci prepariamo a vivere nell’incontro con persone per i cui problemi potremo fare ben poco, probabilmente nulla.
Scopriamo di essere felici di trovarci qui in questa posizione: come ospiti del gruppo siamo noi ad aver bisogno di loro, le persone detenute. Siamo qui a chiedere disponibilità ad accoglierci per imparare dal loro percorso. Si prospetta una bella occasione per tutti: per noi quella di spogliarci dalla presunzione di essere gli unici portatori di nutrimento “buono e giusto” e per loro quella di fare esercizio di dare qualcosa gratuitamente, ricevendone riconoscimento.
E la magia dell’incontro avviene: è evidente come questa possibilità di darci fiducia, di aprirsi anche alla nostra presenza, rivelando pezzi preziosi di storia vissuta o di problemi attuali e brucianti sia qualcosa di straordinario, frutto maturato in un lungo percorso.
La chiave di questo percorso ci sembra custodita tra le pagine del diario di Sabrina, diario che sfoglia per ritrovare e restituire le parole dei partecipanti al gruppo, a volte dopo averle a lungo custodite con cura. La stessa agenda che scorre per trovare a tutti i costi una data sostitutiva, per non perdere neppure una settimana per incontrarsi con il gruppo.
Il fatto che sia una occasione preziosa per tutti non ha bisogno di essere comunicata in lunghi discorsi: è chiara con la prontezza con cui tutti si affrettano ad accogliere e confermare la prossima data e a prendere l’impegno di comunicarla a chi manca oggi. Sarà un altro passo verso il ritrovare qualcosa di sé, qualcosa di molto umano e scoprire che può essere accolto e custodito per poi magari trasformarlo e lasciarlo andare.
Con gratitudine, Carlo e Sabrina
Mario Pellicci affianca Sarah Bracci – 3° reparto Bollate
Corridoio lungo, l’eco dei diversi rumori che si amplificano fino a giungere in lontananza. Questo lo sapevo: me lo avevano raccontato, il carcere di Bollate, ed era proprio così.
Quello che non mi avevano descritto, e che non avrebbero potuto fare, è anticiparmi le emozioni che avrei provato, quel primo giorno dietro quel muro così alto. Ho trascorso le ore precedenti in trepida attesa: come sarebbe stato (pensavo)? Cosa avrei provato? Poi arriva Sarah, la mia guida, e improvvisamente tutto è diventato così facile, giusto perché c’era Sarah. E mano a mano percorrevo il corridoio, mano a mano un senso di dispiacere pervadeva la mia mente. Un forte malessere nel pensare che lì, a pochi passi da me, ci fossero persone da molto tempo e che altrettanto ne avrebbero dovuto passare, rinchiuse a causa dei reati commessi, lontane da quello che noi consideriamo la normalità e che non apprezziamo nella misura giusta: la libertà. Ma lì, cosa sia la libertà si comprende! Poi li ho incontrati, e improvvisamente è diventato tutto più normale. Erano persone come me, che dialogavano come me, ma…non erano come me! I loro problemi non erano come i miei. Problemi che nella mia vita di tutti giorni, non incontrerò mai. (Chissà). Abbiamo parlato, discusso, ci siamo confrontati e con l’aiuto di Sarah, ho trascorso due ore diverse, e molto belle. È stato più facile di quanto pensassi. In fondo avevano bisogno di qualcuno che li ascoltasse, senza pregiudizi, senza aspettative di alcun genere ma con il solo scopo di condividere quei momenti. È stata un’esperienza importante, bella con l’unico rammarico che probabilmente, in questa prima occasione, sono stati più di beneficio loro a me che io a loro. E li ringrazio con l’auspicio che in futuro possa davvero rendermi più utile. Un grazie particolare a Sarah. Ha spezzato la mia catena di emozioni riportandomi alla realtà in modo semplice e naturale: stando semplicemente accanto a me.
Mario
Chiara Mancini affianca Laura Loparco – 3° reparto Bollate
“Vivere la propria vita sotto il controllo dell’ignoranza: questa è la prigione in cui tutti sono reclusi.” – Lama Zopa Rinpoche
È ormai terminato anche il terzo incontro di tirocinio al carcere di Bollate, con Laura. Seduta in treno, ripercorro questa esperienza davvero unica e decisamente formativa.
L’emozione del primo incontro ha lasciato il posto al desiderio di rivedere ancora e ancora le persone che frequentano il corso di consapevolezza, ascoltare col corpo e col cuore le loro difficoltà, malinconie e frustrazioni all’interno del carcere, ma anche il desiderio di riscatto, il bisogno di trovare soluzioni alternative e più salutari per meglio gestire le emozioni, il tempo e lo spazio della loro quotidianità.
Ho osservato attentamente i loro occhi, i gesti, ho ascoltato le loro parole, i loro silenzi e ho sentito, a specchio, me stessa, ricapitolando la preziosa possibilità di riconoscersi interconnessi nella sofferenza, come nella gioia.
Sì, perché abbiamo riso e ci siamo commossi insieme, le emozioni non hanno cancelli e grate!
Gli incontri offrono continui spunti di riflessione e occasioni di esperienza per imparare a gestire meglio le emozioni, soprattutto quelle più difficili e disturbanti, proponendo tecniche e pratiche utili a spegnere il detonatore e a riportare l’evento scatenante a un’appropriata gestione.
La presenza, il rispetto e l’impegno che ho respirato nelle ore di pratica in carcere hanno una qualità che difficilmente ho ritrovato in altri gruppi di consapevolezza, all’esterno.
Rifletto e medito sulla via del ritorno: una calda gratitudine per tutto ciò che ho incontrato mi sale dal cuore e avvolge corpo, emozioni e pensieri e riconosco quanto questa esperienza mi abbia aiutato a piantare il seme di una nuova qualità di compassione verso me stessa e verso gli altri.
E, come ho già detto a Laura, le persone incontrate a Bollate già mi mancano. Proprio vero, si riceve molto più di quanto si pensa di dare!
Chiara